Paella di pollo
Tempo di preparazione: 60 min.
Difficoltà: media
Segreto: non é un
risotto. Tantomeno un risotto mari e monti.
Proprio cosí, nonostante le apparenze, la Paella non è un risotto.
Trattandosi di uno di quei piatti della tradizione, è ovvio che si tenda ad
enfatizzarne l’aderenza quanto il più possible all’originale.
Pur essendo io contrario per
partito preso alla ricerca della verità, considerando inutilmente sciovinista
la ricerca del vero in cucina, non
posso comunque negare come sia difficile cimentarsi con un piatto elaboarato
come la Paella senza prima averne assaggiate almeno un paio di versioni
direttamente in loco. La cosa più
importante che dovete sapere sulla Paella è che il riso non deve avere
consistenza cremosa ma bensi dev’essere sgranellato. I chicchi della Paella
devono risultare staccati tra loro e non mantecati. Per fare ciò, avete bisogno
di una padella. Ebbene sí, il segreto nel preparare la paella consiste nella
tautologia: per fare la paella ci vuole
la padella. Non mi stupirei nemmeno dell’esistenza di qualche filastrocca
al riguardo, qualcosa tipo “Apelle figlio
di Apollo fece una paella di pelle di pollo…”.
Santo cielo. La caratteristica di tale padella da paella é che puó
essere allocata direttamente in forno: è quindi ovvio che contenga solo
componenti in metallo (per dire, non é la padella antiaderente dotata di thermopoint in cui fate saltare la
frittata).
Procedete cosí: per preparare
la paella di pollo, il passaggio numero uno é preparare il brodo di pollo.
Detto che gallina vecchia fa buon brodo, tagliate via i petti, le cosce e le
ali e fate a pezzi il resto. Sul fondo della pentola a pressione- quindi assolutamente
non anti-aderente- con pochissimo olio rosolate la carcassa di pollo, avendo
cura che si attacchi e che le ossa scricchiolino sotto la pressione del vostro
cucchiaio di legno. E’ infatti al loro interno che abita il sapore ed é da lí
che dovete partire. Quando vi sembrerá che nell’aria si sia diffuso un
piacevole profumo di ossa di pollo rosolate e midollo addensato, deglassate con
un po’ di vino (buono, bianco o rosso che sia) fino a grattare via tutto ciò
che è rimasto attaccato sul fondo (fondo bruno), fate evaporare e aggiungete
l’acqua giá calda, insieme a carota,
sedano e cipolla non tritati
finemente. Sigillate la pentola a pressione e fate andare per almeno 25 minuti.
Una volata depressurizata, riducete il volume del brodo di almeno un terzo (per
una Paella di pollo per quattro persone con 450-500 grammi di riso vi occorre
circa un litro di brodo di pollo).

Per il riso: l’arroz per la paella dev’essere grande, e mediterraneo.
Lasciate perdere quindi basmati (che non ha la cuticola amilacea e quindi, in
teoria, sarebbe perfetto per ottenere un riso staccato) e riso da sushi. Detto
che dev’essere grande, ottimo il Vialone nano (classic esempio di soprannome
all’incontrario? Mi sfugge al momento l’esistenza del Vialone gigante, anyway).
Oppure, i classici Arborio o Carnaroili. Io nella mia paella ho fatto ricorso
al Carnaroli. Prima di entrare a contatto con la paella e i liquidi ivi presenti,
il riso dev’essere tostato: in un
pentolino anti-aderente (o in una padella) fate andare a caldo e a secco il
vostro riso, fino a quando nell’aria non si sia liberato un simpatico odore di
riso tostato. In ogni caso, ci vorranno pocchi minuti.
Aggiungete quindi il vostro riso precedentemente tostato nella paella e
mescolate velocemente per un minuto, prima di aggiungere tutto il brodo ancora
caldo (filtratelo attraverso un colino maglie strette per eliminare eventuali
residui solidi provenienti dalle carcasse di pollo). Ponete quindi in forno già
caldo (180°C ventilato, occorre dirlo?). Rispettate i tempi di cottura, facendo
attenzione che il riso raggiunga la consistenza desiderata. Come giá ditto,
perchè la paella sia quella vera, i chicci devono essere staccati.
Servitela a tavola direttamente nella paella, lasciando che I commensali
si servano da se’.
Consiglio del Sommelier: con Paella di pollo ho bevuto un vino
spagnolo, il Ribera del Duero di Alonso del Yerro, un rosso del 2010. I vini
spagnoli puntano tutto sul corpo e poco sull’anima, lasciando all’immaginazione
poco spazio. Note speziate appena sfiorate, tannino pulito e di buona qualita’,
ricorda un po’ la pubblicita’ di un famoso whisky, quello di Michele l‘intenditore.
In ogni caso,
Hasta la victoria!
Oddio che meraviglia!Che stupenda visione, specie oggi che sto pensando con tutta me' stessa all'ultimo viaggio fatto a Barcelona..che nostalgia!Questa splendida e squisita paella mi fa tornare lì!Guai a chiamarla risotto, questa preparazione e specialissima e a se', non ha rivali almeno per me!Ciao ciao :)
RispondiEliminauna delle mie versioni preferite :)
RispondiEliminaun bacione!!
Ma come... non è la vera ricetta spagnola per una paella perfetta? Tanto per la cronaca, quando cerco una ricetta in rete non scelgo mai quelle dove c'è scritto "la vera ricetta ...".
RispondiEliminaP.S.: carina la filastrocca. Mai pensato di darti ai gingles? :D