Ravioli ossobuco e zucca con funghi saltati e pesto di noci, prezzemolo e crema di limone
Tempo di preparazione: 2 ore e mezza
Difficoltà: alta
Segreto: Demi-glace.
No perché
scommetto che lo sapete tutti come si fa la demi-glace. Me lo immagino, pancia
in fuori petto in dentro, tutti a rosolare ossa come se si trattasse di un
normale passatempo, una cosa tipo il the delle cinque o la pasta al dente. Anche
la traduzione letterale dal francese (che ci ricorda che sono les bleuses ad
avere inventato le basi della cucina, dove per basi non si intende qualche
concetto astratto ma proprio quello che sta alla base, cioè sul fondo, della
pentola) aiuta poco. Demi-glace vuol dire mezzo ghiacciato. E come può essere
un semi-freddo la base di tutte le ricette? Magari al pistacchio? No, no,
chiamiamola così e non poniamoci domande, altrimenti si finisce come con “i 400
colpi” che in francese vuol dire qualcosa tipo “fare il diavolo a quattro”
mentre in italiano significa soltanto un film di Truffaut. In ogni caso voglio
dire senza tema di essere smentito, che la demi-glace non è il fondo bruno (o
forse si?) ma è quella cosa che si usa per fare il fondo bruno incorporandola
(la demi-glace intendo) nel Roux, altra parola dall’etimologia curiosa che
tradotta diventerebbe qualcosa di poco attraente come “il legante grasso”.
Per la demi-glace: scaldate sul fondo della
pentola a pressione- rigorosamente non-anti-aderente-
un goccio d’olio d’oliva extra con due spicchi d’aglio e fate rosolare gli
ossobuchi a fiamma o -come nel mio caso- fornello elettrico alto. Con questa
operazione state cercando di tirare fuori il sapore che renderà veramente
speciale il vostro piatto, distinguendolo da un buon piatto preparato in casa
ed un piatto “da ristorante”. Come i cani sanno bene infatti, è nell’osso che
abita il sapore ed è da quelle parti che la bistecca ha il sapore migliore. Quando avrete l’impressione che sul fondo
della pentola ci sia qualcosa da grattare, tirate via gli ossibuco, aggiungete
un goccio d’olio e versate un trito di carota, sedano e cipolla e fate
appassire, utilizzando il trito per lavare il fondo della pentola, fin’anche
arrivando a raschiarlo. Aggiungete di nuovo gli ossibuco con la zucca a quadratoni, cominciate col primo
gettito di sale, sfumate col vino (buono, no il Tavernellone andato a male che
tenete vicino ai fornelli), fate evaporare per bene e versate l’acqua già calda
per la cottura ad alta pressione (circa mezzo litro). Levate la zucca che in
questa fase doveva solo insaporirsi e che rimanendo in pentola finirebbe con lo
sfaldarsi, salate leggermente con sale grosso, sigillate la pentola e fate
andare per quindici minuti ad alta pressione. Una volta ultimata questa fase e
depressurizzata la pentola, togliete gli ossibuco e disossateli, rimettete in
pentola le ossa e fate andare a cielo aperto. La demi-glace infatti, per dirla
alla Bourdain, e’ qualcosa che deve ritirarsi e ritirarsi e ritirarsi ancora.
Mettete la zucca in un colino di dimensioni compatibili e adagiatelo sopra la pentola,
chiuso da un coperchio: in questo modo la zucca si cuocerà con i vapori del
brodo-fondo-bruno senza sfaldarsi. Quando si ritira troppo, aggiungete altra
acqua e continuate così in un processo di concentrazione dei sapori che
teoricamente potrebbe protrarsi all’infinito. Demi-glace incredibilmente
ritirate possono essere anche congelate in piccoli cubetti da utilizzare per
preparazioni di carne successive liberando grandi sapori nei vostri piatti.
Prevedete di preparare la demi-glace periodicamente in modo da poterne stipare
discrete quantità nei vostri congelatori e poterli definire come “il vostro
segreto in cucina”. Qualcosa di simile la
potete fare con un liofilizzatore e si chiama dado. Dopo almeno un’ora di
tiraggio quindi, filtrate il liquido marrone con un colino a maglie strette.
Per il roux: in un pentolino antiaderente
scaldate a fuoco bassissimo un quadretto di burro (non un panetto) con due
foglie di salvia e un rametto di rosmarino. Aggiungete quindi due cucchiai di
farina bianca tipo 00 e fate imbrunire, sempre a fuoco lento. L’imbrunimento
della farina è il segno dell’avvenuta destrinizzazione dell’amido che passa da
una struttura polimerica ad una oligomerica. Questa cosa la dico per tutti
quelli per i quali polimero e monomero significano qualcosa e nessuno si senta
offeso. La destrinizzazione è fondamentale per tirare via il sapore di farina
dalla salsa finale. Quando vi sentite pronti, versate nel pentolino la vostra
demi-glace filtrata e amalgamate amorevolmente fino a raggiungere la
consistenza desiderata. Se avrette fatto tutto correttamente, il risultato sarà
straordinario.
Per la sfoglia: detto che era praticamente la
prima volta che tiravo la pasta e che per suggerimenti di questo tipo dovreste
rivolgervi a bracciute massaie modenesi, posso comunque darvi dall’alto della
mia inesperienza preziosi consigli. Sulla farina: alla 00 aggiungete un dieci
per cento di farina integrale. Io ho usata quella biologica che viene destinata
alla preparazione del pane nero qui, in terra austriaca. Inutile dire che mi
sono rifornito al negozio di alimenti bio-namiorenghenkio-logici
di fiducia, nel reparto amidi, tra l’avena, l’orzotto, la fecola di patate, la
polenta integrale e la farina di cocco. La farina integrale darà un po’ di ruvidezza
alla sfoglia (e facilita il raviolo nell’operazione di aggancio della salsa), nonché
dei puntini marroni qua e là, che fanno tanto rustico. Per le proporzioni: 1 uovo ogni cento grammi.
Pesate tutto, la pasta all’uovo è una roba delicata e ci vuole precisione. Ogni
500 grammi di farina potete aggiungere un altro uovo. Mezzo chilo di sfoglia vi
darà tanti ravioli quanti ne servono per una cena con sei invitati belli
affamati. Preparate la fontanella e versate l’uovo nel centro e impastate a
mano. Utilizzate legno come base, bello infarinato. Per dire qualcosa di
melenso, metteteci amore: la sfoglia va coccolata e non maltrattata. Dopo
dieci-quindici minuti, quando la pasta sarà bella amalgamata, avvolgetela in
una pellicola e fatela riposare per una mezzoretta. Come si dice in questi
casi, in luogo fresco e asciutto. Riprendetela quindi dopo questa bella
pennichella e ricominciate dal piano in legno cosparso di farina: tagliate col
coltello un pezzo da spianare col mattarello fino ad uno spessore sufficiente
per entrare nella macchina per stendere la pasta (potete anche fare tutto al
mattarello, ovvio, ma se è la prima volta e non siete massaie modenesi dalle
braccia possenti, meglio andare per gradi) fate tirare fino ad ottenere una
sfoglia molto sottile (grado 1).
Per la farcitura: la polpa degli ossibuchi
disossati e della zucca cotta al vapore e schiacciata con la forchetta vanno
nel robot assieme a sale e un cucchiaio di ricotta per essere macinati. Io
personalmente eviterei di esagerare, non voglio un omogeneizzato Plasmon nei
miei ravioli ma qualcosa di casereccio- anche se raffinato- che si capisca che
non e’ un prodotto industriale. Trasferite la farcia in un sac-a-poche e preparatevi alla raviolatura.
Per i ravioli: non è semplicissimo da spiegare,
su youtube ci sono molti video tutorial se proprio non sapete di cosa stiamo
parlando. Io consiglio di prendere una sfoglia tagliata regolare- su sfondo
infarinato- e mettere un quantitativo sufficiente per il ripieno cadenzato dal
giusto spazio su metà sfoglia e usare l’altra metà per richiudere. Negli
interstizi tra la farcia spennellate un po’ d’acqua che garantirà una buona
aderenza per chiudere i ravioli. Per tagliare usate una rondella da pizza, o
meglio una di quelle seghettate o, se se li volete rotondi, un coppapasta. Nel
chiudere fate attenzione a due cose: fare uscire l’Aria e schiacciare i punti
di aderenza in modo tale che lo spessore si dimezzi, equiparandosi allo
spessore di una sfoglia singola.
Per i funghi: puliteli con una pezzetta
umida, tagliateli a pezzettoni e fateli saltare in padella con poco olio
d’oliva extra e uno spicchio d’aglio. Non dico più vestito e schiacciato perché
ne uso uno diverso adesso, aglio cinese non a spicchi ma intero. Grande.
Ricordatevi il sale..
Per il pesto di noci,
prezzemolo e crema di limone: mettete noci e prezzemolo
nel mixer e fate andare. Le noci devono conferire un po’ di croccantezza,
quindi anche qui non fate l’omogeneizzato Plasmon. La crema di limone la fate
scigliendo un po’ di farina in un cucchiaio di olio extra caldo e sfumando con
mezzo limone spremuto e addizionato di sale. In ogni caso, non vi venga in
mente di utilizzare aceto balsamico, intero o ridotto che sia. Aggiungete al
pesto di noci e prezzemolo e grattateci dentro un bel po’ di parmigiano. Regolate
la cremosità con olio d’oliva extra e, eventualmente, poca acqua.
Assemblaggio finale: cuocete i ravioli per tre
minuti dalla ripresa del bollore in acqua abbondante, scolate con una
schiumarola nella padella dei funghi con una noce di burro, saltate velocemente
e direttamente nel piatto condite con la salsa bruna, schierate il pesto di
noci e prezzemolo, aggiungete un giro di pepe nero e servite immediatamente.
Consiglio del Sommelier: ravioli di ossobuco e zucca
con funghi saltati e pesto di noci, prezzemolo e crema di limone è un piatto
dove sono presenti tutti i sapori, con una persistenza ed una intensità tali da
poter reggere le sfide più impegnative. E’ il momento di stappare il vostro
rosso migliore, quello che tenevate in serbo per le grandi occasioni che sono
tali- quando il cibo e’ buono tendo a diventare un po’ sentimentale- solo se
siete voi a deciderlo. Io mi sono accontentato di un nobile di Montepulciano
dei Tenimenti Angelini (si’ proprio quelli della Tachipirina), e non sono
rimasto deluso. Ci trovate dentro tutta la selleria e il banchetto delle
spezie, il tannino di qualità, gli esteri e gli eteri, il calore che state
cercando. Una parola sola per definire il tutto: armonico.
In
ogni caso,
enjoy
it!
Una domenica intera destinata a questo splendore é sempre una buona domenica! Strepitosi!
RispondiEliminaEleonora
Lezioni di alta cucina per un piatto davvero eccezionale, raccontato con la tua solita piacevole ironia :)
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