Risotto giallo all'ossobuco di maiale
Tempo di preparazione: 50 min.
Difficoltà: media
Segreto:
cottura col brodo di ossobuco.
Dico difficoltà media per
chi è uso frequentare queste pagine e si è già cimentato con precedenti preparazioni di risotto, altrimenti la difficoltà è elevata. In breve, riassumo
i punti cruciali:
Il brodo dev’essere
preparato come si trattasse di una demi-glace,
facendo ricorso alla pentola a pressione.
Il riso si tosta col
burro.
Il riso si bagna con il
brodo, non lo si annega.
Il riso deve “sudare” in
padella.
Il riso non viene girato
se non dopo 7 /8 minuti di sudata.
Solo quando cioè la
cuticola amilacea si è ammorbidita e attraverso la mescola rilascia l’amido che
conferisce al risotto la consistenza cremosa che tanto ci piace.
Cosa peraltro che non
vogliamo ottenere se stiamo preparando la paella.
Per il brodo: vi serviranno almeno un ossobuco a testa. Metteteli sul fondo della
pentola a pressione, che in questa fase funziona esattamente come una padella
non-anti-aderente, e fateli sfrigolare avendo cura che si attacchino un po’. A
metà del processo, aggiungete un tocchetto di burro che, sciogliendosi, andrà a
finire nello spazio tra la carne e la pentola, migliorando il processo di
caramellizazione della stessa (della carne intendo, non della pentola). Fatelo
per entrambi i lati. Prendete poi l’ossobuco (o gli ossibuco o ossibuchi o
ossobuchi che dir si voglia) e mettetelo momentaneamente da parte, calate un
trito molto grossolano di sedano (io ho usato sedano rapa), carote e cipolla bianca
assieme a un tocchetto di burro, amalgamate velocemente e quindi deglassate col
vino bianco ciò che è rimasto sul fondo (da qui demi-glace e fondo bruno). A questo punto rimettete l’ossobuco
e aggiungete acqua (circa un litro per
due ossibuco) sigillate la pentola e portate a pressione, lasciando cuocere per
circa 20-25 minuti. Ultimata la cottura a pressione e aperta la pentola assaggiate
il brodo, che potrete decidere di far ritirare ulteriormente “a cielo aperto”. Fate
attenzione al livello di sapidità, inversamente proporzionale alla
concentrazione del brodo: sostanzialmente, il sale nel brodo dev’essere il
quantitativo che mettereste nel riso, perchè è lì che andrà a finire.
Per il risotto: in una padella anti-aderente dorate una cipolla bianca tritata
finemente, lasciandola andare lentamente. Usate burro. Tostate quindi il vostro
riso (carnaroli o vialone nano che sia) girandolo e amalgamandolo per 2/3
minuti e poi cominciate a bagnare col brodo. Dopo 7/8 minuti, giratelo (serve a
fare in modo che l’amido si sciolga, conferendo così la consistenza cremosa che
tanto ci piace nel risotto. Ma l’avevo già detto, mi pare). A questo punto
potete mettere lo zafferano. Assaggiate sempre e fate attenzione al sale.
Per l’ossobuco: trattandosi di una cottura con la pentola a pressione modello demi-glace, quasi tutto il sapore è
finito nel brodo (e da lì verrà trasferito nel risotto). Una pratica simpatica è
quella di tritare la carne dell’ossobuco e disperderla nel risotto a fine
cottura, assieme ovviamente al midollo contenuto nell’ossobuco. Se come me,
avete largheggiato usando due ossibuco a testa, nulla vi impedisce di
aggiungere il secondo ancora integro direttamente nel piatto, accanto al vostro
risotto giallo.
Mantecazione finale e impiattamento: mantecare è il termine italiano per monter au beurre, cioè quella pratica di
chef senza scrupoli che attentano alle arterie degli ignari clienti usando
enormi quantità di burro. Se avete fatto le cose per bene, il vostro risotto
sarà già abbastanza cremoso, rendendo non indispensabile l’aggiunta di un panetto di burro, ma solo di una noce. Il parmigiano stagionato- e il burro
summenzionato- vanno aggiunti lontano dal fuoco, coprendo la padella e
lasciando che il risotto di risposi per raggiungere il perfetto grado di
amalgama.
Servitelo in un piatto
piano, decorandolo con un po’ di erba cipollina, che ci sta benissimo.
Consiglio del Sommelier: sto attraversando una di quelle tragiche fasi a
bassa gradazione alcolica, per cui con il risotto giallo all’ossobuco ho bevuto
una birra (sigh), la ceca (nel senso della Repubblica Ceca ) Budweisser. Con questo
risotto ci vedo bene comunque qualcosa di effervescente, uno champagne rosè,
magari. Sullo sfondo della prima foto è visibile una bottiglia di Poilly-Fusse'
della riserva
personale di Jean-Luc et Paul Aergenter del 2011, ma sono
dettagli.
In ogni caso,
Malhzeit!
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